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Matteo Olivari :: Trattamenti Shiatsu a Milano

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LO STRUMENTO SHIATSU

di Mario Vatrini

 

Recitare a memoria i nomi dei meridiani in cinese, o dare una lettura psicosomatica di uke, cioè la persona che sta ricevendo il trattamento, o osservare la lingua per trarre una diagnosi deduttiva, non significa usare lo strumento shiatsu per raccogliere informazioni, ma la neocorteccia, cioè la parte “moderna” del cervello, che raccoglie le informazioni e le confronta con le nozioni di cui dispone per dare un giudizio.

Sembra ridicolo chiederselo ma, in cosa consiste lo strumento shiatsu, come si usa, perché si usa.

Lo shiatsu è stato proposto nel mondo come straordinaria mescolanza di verità e falsità; estremamente duttile, è stato cooptato dal macrobiotico, dal monaco zen, dal medico, proprio per la sua semplicità applicativa. Nulla di male in questo, solo che l'applicazione e l'intenzione saranno diverse e verrà proposto per finalità diverse, cioè coadiuvanti: per il macrobiotico in un programma alimentare, per il monaco dopo ore di zazen, per il medico come terapia post-agopuntoria. Sono esempi, alcune delle possibilità d'impiego dello shiatsu in altri contesti.

 

Ma lo shiatsu ha una sua autonomia. Lo shiatsu si è diffuso, in origine, come metodo per riabilitare le doti perdute con l'abuso della neocorteccia nella società contemporanea, riabilitare cioè le capacità di percezione del mondo che hanno per tramite l'ipotalamo, il cervello “antico”, che non impara per nozioni, non capisce per spiegazioni, ma è in sintonia con il contesto immediato che ci circonda e che capisce solo per quel tramite.

Si potrebbe dire che esistono sia l'universo, enorme ed oltre la possibilità di percezione, che il mondo, cioè quello di cui ci accorgiamo. Il mondo dell'operatore di shiatsu è, molto semplicemente, quello che “sente” sotto le mani e che è compreso dall'ipotalamo, ma incompreso dalla neocorteccia.

L'Oriente, includendo quindi il Giappone da cui deriva lo shiatsu, insegna che pensare (usare la neocorteccia) impedisce di capire (usare l'ipotalamo), che il parlare non è più importante del silenzio.Nello shiatsu “il silenzio” lo si ottiene quando, mantenendo ferma e costante la pressione, si perde il senso del tatto e la mente diventa un foglio bianco.

Il problema inizia in questo momento, quando la neocorteccia, terrorizzata dalla perdita di uno dei suoi sensori, il tatto, rifiuta la percezione diretta del ki e inizia a spiegare razionalmente ciò che non è abilitata a sentire, usando una terminologia riferita alla struttura oppure del tutto astratta. Manca il vissuto dell'esperienza, del catalizzatore trasformativo per il quale inizia a dissolversi, molto lentamente, una certa comprensione della realtà ed a manifestarsene una nuova e diversa.

 

Assistiamo, quindi, ad un paradosso: per fare shiatsu bisogna sentire il ki, e prima che ciò avvenga si fanno solo pressioni sulla struttura. In questa situazione, perché un operatore non si senta un coatto della pressione, è opinione diffusa che abbia bisogno di spiegazioni, ovvero di studio delle sindromi, di anatomia e fisiologia, di modelli di riferimento comprensibili dalla neocorteccia e condivisibili in termini nozionistici, ma non esperienziali. Lo studio teorico dei meridiani senza percepirli, vale a dire fare pressioni lungo un tragitto standardizzato è effettivamente un'esperienza,

ma non-energetica e quindi priva di significato per la comprensione del ki o, quanto meno, per una verifica della sua esistenza. L'assenza di significato risiede proprio nella giustificazione che la ragione vuole dare all'azione di pressione intrapresa, alla definizione dell'obbiettivo, ai risultati!

 

 

 

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